Per l’assaggio dell’olio nuovo del Borro, la Famiglia Ferragamo ha organizzato una colazione a Il Borro Tuscan Bistro, sul Lungarno Acciaioli. L’Arno è d’argento in due occasioni: di notte, quando è illuminato dalla luna; e di giorno, quando il sole pallido prova a sconfiggere l’eredità di una mattinata piovosa, ma non ce la fa. Mi è capitata la seconda occasione, lo considero un colpo di fortuna non da poco. Inoltre, il Lungarno Acciaioli, tutto intero, ha un che di salotto: le vetrate dei locali che vi si affacciano sono come finestre di una stessa stanza. Fino a pochi metri prima, si avverte il rumore del traffico, si incrociano le auto, i motorini, i mezzi. Dall’angolo del Palazzo Spini in poi, no. E’ come entrare in casa, chiudersi la porta alle spalle e godersi silenzio, buon cibo, buon vino e la vista sul di là d’Arno.
La famiglia Ferragamo ha acquistato la tenuta Il Borro nel 1993 da Amedeo Duca di Savoia-Aosta, ed ha intrapreso da subito una profonda ristrutturazione dell’intero borgo, con rigorosa attenzione all’architettura e alla tradizione del luogo. Ferruccio racconta che nel corso degli anni le attività de Il Borro si sono moltiplicate: dal vino all’olio, dalla produzione casearia al miele, ai cereali per pane e pasta, fino a ciò che la figlia Vittoria, con occhi scintillanti d’orgoglio, definisce il fiore all’occhiello della tenuta, l’”Orto del Borro”. Lo sviluppo e la crescita delle produzioni sono tuttavia avvenute nell’assoluto rispetto della natura e dell’ambiente: infatti, dal 2010 Il Borro utilizza esclusivamente energia proveniente da proprie fonti rinnovabili e nel 2015 ha conseguito la certificazione di coltivazione biologica.
Al pranzo di oggi, Salvatore Ferragamo, AD dell’azienda, ha il compito di presentare il nuovo olio EVO del Borro. La prima frangitura dell’olio del Borro avvenne nel 1996 e nel corso degli anni la produzione non si è mai fermata ed anzi è cresciuta, divenendo la passione di Salvatore. Così, nel 2018 ha convinto il padre Ferruccio a costruire un frantoio interno alla proprietà.
Il convivio non poteva iniziare che con la Bruschetta di pane con olio nuovo del Borro; 3 oli diversi: l’etichetta bianca, prodotto da olive provenienti da più appezzamenti, l’etichetta nera, prodotto dal primo raccolto di un solo appezzamento e l’olio senza etichetta, franto la sera precedente.
Gli invitati si apprestano ad annusare e assaggiare le tre varianti di olio e gustarle su crostini di pane talmente precisi, rifilati e simmetrici da sembrare tessere del mosaico di Piazza Armerina. Nel mentre, vedo Salvatore che impugna uno spicchio d’aglio e lo strofina – tra l’altro generosamente – sul pane. Son commossa.
Olio EVO biologico etichetta bianca: il colore giallo/verde preannuncia un ventaglio olfattivo intenso, leggermente fruttato, anche di mandorla fresca e fagiolino. In bocca è rotondo ed ammicca ad erbe aromatiche mediterranee.
Olio EVO biologico etichetta nera: cultivar Frantoio, Leccino, Moraiolo e Fiorentino; gli olivi sono coltivati a circa 300 m slm. e rappresentano il cru dell’azienda. Ha un colore verde intenso, al naso sprigiona una carica aromatica molto variegata: il fruttato di agrumi è seguito dal profumo di pepe verde e foglia di alloro. Il gusto è pieno, vigoroso e sfuma sull’inconfondibile nota di carciofo. Non è spigoloso, coccola il palato e la piccantezza si armonizza con il lieve sentore amaricante.
In piccole bottiglie senza etichetta è racchiuso l’olio franto la sera precedente. Al naso è travolgente, riporta tutto il bagaglio olfattivo dell’etichetta nera ma con maggior potenza. Lo immagino sulla farinata di cavolo nero ed è subito tavola toscana.
Insieme alle bruschette con olio nuovo sono serviti il Pecorino del Borro con miele del Borro e l’Involtino di cavolo nero e zucca al forno. Il Borro produce infatti anche il miele da 30 arnie allocate all’interno della riserva naturale, per permettere una produzione interamente biologica.
Gli assaggi di olio e l’overture sono accompagnati da Bolle di Borro Brut Rosé 2015, un Metodo Classico 100% Sangiovese che, dopo il tiraggio, permane 60 mesi (!) sui lieviti. Rosa antico ipnotico, sprigiona profumi di glicine e rosellina selvatica; è un sorso di freschezza al sapore di anguria e pompelmo rosa, con una scia sapida da manuale.
Segue il Carpaccio di finocchi, trota affumicata, melagrana e briciole di pane: l’olio nuovo spicca il volo sull’affumicatura della trota e sulla croccantezza, liscia e sfuggente, dei chicchi di melograno. Lamelle 2021, chardonnay in purezza, niente legno, solo acciaio. L’oro nel calice preannuncia il bouquet di ginestra e camomilla, burro fuso e maggiorana. Al palato la frutta tropicale si alterna alla mandorla fresca, cui fa eco un delicato aroma di vaniglia.
Il piatto forte è il Risotto al rosmarino, pecorino del Borro e olio nuovo; il riso è tirato nel brodo fatto con le croste di pecorino: annusarlo è come entrare nella grotta dove vengono stagionati i formaggi. E ho personalmente ringraziato lo Chef Andrea Campani per la finale macinata di pepe. In abbinamento, Petruna in Anfora – Valdarno di Sopra DOC 2019, 14%: rubino vivace, regala subito sentori di ciliegia marasca e ribes rosso, viola e cardamomo. I tannini fusi con l’alcol rendono la struttura equilibrata e il sorso rimane fresco, grazie ad una deliziosa chiusura agrumata di arancia rossa.
La colazione si conclude con Mousse di cioccolato fondente, olio nuovo e peperoncino; non avevo mai provato i tre elementi insieme, solo due alla volta: cioccolato e olio Evo oppure cioccolato e peperoncino. Il tris ha effettivamente il suo perché, e l’olio è il vero collante, in quanto è l’unico ingrediente a contenere in sé le caratteristiche degli altri due. Il cioccolato è dolce e amarognolo, ma non è piccante. Il peperoncino è piccante ma non è amarognolo. L’olio è tutto quanto. La mousse è accompagnata dal Vin Santo del Borro Occhio di Pernice 2014, 100% Sangiovese soggetto ad appassimento di circa 70 giorni. Il mosto ottenuto dalla pressatura permane 5 anni in caratelli di rovere e castagno. Al naso sento il vassoio di frutta secca sulla tavola di Natale (compreso il vimini del vassoio): albicocche disidratate, datteri, nocciole, mandorle. Ma anche aroma di caramello e malaga – quella crema con l’uvetta che imperversava nelle gelaterie degli anni 80. In bocca l’iniziale dolcezza sfuma in pochi istanti, con l’acidità che sorregge la beva, e un lungo finale confortante di caramella d’orzo.