Una giornata (particolare) alla Tenuta Fontanafredda

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Pensavo di aver visto le Langhe nel massimo splendore a giugno, con il sole morbido dell’imminente solstizio, ma mi sbagliavo: non avevo ancora visto i bricchi infarinati da una leggera nevicata della notte precedente. I filari appena imbiancati brillano alla luce del mattino e riflettono il verde del primo – precoce – inerbimento. Ad attenderci alla tenuta Fontanafredda, 120 ettari di agricoltura biologica e 7 milioni di bottiglie l’anno,  c’è Andrea Farinetti (figlio di Oscar, che l’ha acquistata nel 2008 insieme a Luca Baffigo): ci racconta che questo è il primo Villaggio Narrante d’Italia, perché è un borgo nel quale ogni spazio, ogni edificio e la stessa comunità che vi abita narrano storie e tradizioni del luogo, attraverso 30 racconti illustrati, sparsi nella tenuta. Nel tour tra le vigne aziendali, la prima sosta è alla Vigna La Villa, nel cuore dell’MGA Paiagallo – comune di Barolo, a circa 350 metri slm e con esposizione ad est. Qui il terreno è di origine tortoniana, ricco di calcare e ossido di potassio, fosforo e rame. Il Barolo che ne deriva è tra i più profumati, con buona acidità e tannino elegante.

Ci spostiamo a Vigna La Delizia, una sottozona del più vasto cru “Lazzarito”, nel comune di Serralunga d’Alba. Durante il tragitto mi ipnotizzano le lingue di terra (le “langhe”, appunto) che si srotolano dai bricchi, e nelle geometrie dei filari intravedo disegni di tappeti orientali.

La Delizia è uno dei vigneti più prestigiosi della proprietà Fontanafredda, è anch’essa a 350 metri slm ma con esposizione a sud-ovest. Qui il terreno è di origine elveziana, composto principalmente da sabbie e marne calcaree molto compatte. I Barolo prodotti da questa vigna sono longevi e di grande struttura.

Durante la visita alla cantina, che si articola su tre livelli, scopriamo che, come tutti i luoghi intrisi di fascino, anche la tenuta Fontanafredda è frutto di una storia d’amore, quella tra Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, conosciuta come la Bela Rosin. All’età di 27 anni l’erede al trono, già sposato con Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena e padre di quattro figli, conobbe la quattordicenne Rosa Vercellana e fu amore per tutta la vita. Rimasto vedovo, Vittorio Emanuele continuò la relazione con la Bela Rosin e nel 1858 la nominò Contessa di Mirafiori e Fontanafredda, recandole in dono la tenuta e la cantina che visitiamo oggi. Si sposarono nel 1869, poco prima che lui morisse, senza che tuttavia col matrimonio venisse a lei attribuito il titolo di regina. Al piano più basso della cantina, e precisamente nella “rotonda”, assaggiamo i campioni da botte Barolo Vigna La Delizia Lazzarito e Barolo Vigna La Villa Paiagallo, rispettivamente 2020 e 2021. I campioni da botte hanno questa caratteristica, di travolgere l’olfatto in uno tsunami concentrato di frutto e spezie: mora e liquirizia, prugna e cardamomo. Poi arrivano i fiori rossi e viola, il cioccolato e l’eucalipto e un sorso pieno e generoso come succo di melograno. I tannini sono, naturalmente, ancora in evoluzione, ma viene fuori il dna del barolo, perché non scalpitano, sono disciplinati. 

Il pranzo si svolge in Cascina Galarej, nella bellissima sala a vetri con panorama da cartolina, e inizia con battuta di fassona “La Granda”, senape al miele e polvere di cappero; in abbinamento, Barolo DOCG Serralunga d’Alba Renaissance 2019. Profilo olfattivo molto fruttato di piccoli frutti rossi, con accenni balsamici di arnica e rimandi floreali di genziana. Il sorso non è opulento perché non cede ad eccessi strutturali, rimane sobrio nelle note di ginepro, alloro e cacao. La sostanza tattile e la lunghezza gustativa accompagnano alla chiusura agrumata di arancia rossa. Questo è il vino iconico della nuova filosofia aziendale, il Rinascimento Verde, con il quale Fontanafredda intende stimolare una nuova coscienza collettiva, fondata sul rispetto della terra e sulla sostenibilità. Accompagna la nuova filosofia, il progetto “Barolo Serralunga d’Alba Renaissance, parole «illustri» per una nuova umanità”: ogni anno scrittori ed illustratori di fama internazionale scelgono una parola simbolo della rinascita. Quest’anno, la scrittrice Silvia Avallone ha scelto “Fiducia”.  

E’ poi la volta del Plin con classico ripieno piemontese al sugo di arrosto con Barolo DOCG Vigna La Delizia Lazzarito 2019 e Barolo DOCG Vigna La Villa Paiagallo 2019. Il Vigna La Delizia esprime un corredo odoroso che da subito è balsamico, con decisi richiami di conifera, anice stellato e bastoncino di liquirizia. Al palato è rigoroso ma non austero, i tannini fruttati accompagnano al finale abbastanza sapido e di lunga persistenza. La Villa Paiagallo ha un bouquet sorprendente per varietà e intensità: lampone, ciliegia, peonia, lavanda, china e divertenti richiami speziati di noce moscata. Sorso molto equilibrato, con tannini ben cesellati.

Segue un piatto di formaggi piemontesi che rappresenta un viaggio ai limiti dell’estasi: Robiola di Roccaverano di Agrilanga; Tome vaccine del Parco del Gran Paradiso affinate da Matteo Villa, di cui una affinata 12 mesi e l’altra “toma brusca”. Accompagnano i formaggi:

Barolo DOCG Vigna La Delizia Lazzarito 1996: incedibile quante cosa racconta un Barolo di 27 anni! Confettura di fragole, mammola, sottobosco secco, foglia di tabacco e moka appena fatta. Bocca di bell’ampiezza, con cenni di chinotto e caramella al rabarbaro, e nel finale lungo e saporito si riconosce una trama tannica perfettamente integrata con l’alcol, su un retrolfatto di chiodi di garofano.

Barolo DOCG Vigna La Villa Paiagallo 1996: Sprigiona profumi di amarene, iris, scatola di sigari, cuoio e felce. Palato di pregevole continuità fruttata, con sfondo speziato di cannella. Tannino setoso e chiusura ancora fresca. Tra una portata e l’altra vengo attratta da un vano scale che, per la luce ed il calore che effonde, mi invita a salire. Rispondo a una sorta di “chiamata” sgattaiolando al piano superiore, dove scopro una zona benessere di sale massaggi, sauna e bagno turco su un ballatoio. Mi affaccio dalla balaustra e il mio sguardo spiove sulla piscina (fumante), che si snoda per metà all’interno e per metà all’esterno, con vista sulle vigne. Resisto alla tentazione del tuffo solo perché il menu promette un fine pasto a base di cioccolato con due Barolo del 1982. E infatti, a tavola mi aspetta la Verticale di cioccolato fondente Venchi 58%, 60%, 75% e 85%. Peccato che si è fatta una certa, e se non scappo, perdo la coincidenza per Milano. Mentre mi accingo ai saluti, Farinetti mi versa nel calice il Barolo Vigna La Delizia e fa: «Peccato, con La Delizia del 1982 volevo metterti alla prova: si avverte nitidamente un profumo non raro, ma insolito; ero curioso di sapere se lo avresti detto». Stefania interrompe i secondi di piombato silenzio «Federica lascia perdere il treno, a Milano ti accompagno io. Voglio vedere come va a finire!».

Credo di sapere qual è il profumo al quale si riferisce, l’ho avvertito mentre versava il vino. Ma potrebbe essere solo una mia impressione, o un suo bluff. Naso nel bicchiere, provo a fidarmi «Profuma di tartufo». Con cenno di assenso sorridente, Farinetti mi passa il piatto con il cioccolato fondente.

Barolo DOCG Vigna La Delizia Lazzarito 1982: l’ho definito a-temporale per la freschezza che ancora esprime alla sua età. Susina sangue di drago, rosa, assenzio, e un raffinato insieme di aglio e fungo, come tartufo appunto, che si riscontra talvolta nei Barolo di lungo affinamento. Bocca copiosa di frutto rosso maturo e trama tannica ai limiti del ricamo fine. Epilogo sapido con accenni di scorza d’arancia.

Barolo DOCG Vigna La Villa Paiagallo 1982: naso terso di prugna Stanley, incenso e foglia del mirto, ribes nero e goudron. Ingresso in bocca suadente ma non ruffiano, di boero e chicco di caffè, con spunti speziati di chiodi di garofano. Tannini raffinati e gustosi, finale sapido e di lunga durata. 

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