Oltre il Vino Naturale: il vino Senza Chimica Aggiunta

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Da alcuni anni l’Unione Europea promuove bandi per lo studio di processi innovativi di produzione nel mondo enologico. Questi sono sempre più spesso diretti a verificare se, ed in quale misura, sia possibile produrre vini senza chimica aggiunta, in quanto meno dannosi per la salute. Con ciò anche intercettando un nuovo bisogno del consumatore al quale non basta più che il vino sia biologico o biodinamico: vuole la certezza che “faccia meno male”. I processi innovativi impongono l’impiego di tecnologie sofisticate ed il rispetto di protocolli rigorosi, altrimenti non sarebbe possibile fare a meno, ad esempio, dei conservanti. Ecco perché il vino Senza Chimica Aggiunta si distingue dal “Vino Naturale”, con il quale, attenzione, non deve essere confuso: il Vino Naturale rifiuta la tecnologia, e la filosofia di chi lo produce è di ridurre al minimo l’intervento dell’uomo, dalla vigna alla cantina. Al contrario, nella produzione Senza Chimica Aggiunta la tecnologia e l’intervento dell’uomo sono elementi imprescindibili per rinunciare ai solfiti.  

Occorre però rispondere a due interrogativi: il primo, neanche banale, se il vino così prodotto sia di qualità; il secondo, se sia in grado di evolvere nel corso del tempo, dato che la solforosa è un ineffabile conservante. Secondo autorevoli degustatori, il vino anticamente prodotto senza chimica aggiunta era cattivo e ne era pressocché esclusa l’evoluzione e/o conservazione, infatti diventava aceto. Vero è, tuttavia, che fino a poco tempo fa non si era intervenuti nei processi di produzione e il vino se ne stava serenamente in ambienti ossidativi: avete presente le “cantine” dei contadini negli anni 60? Ecco, ci siamo capiti. Dunque il tema è: le tecniche innovative introdotte nei processi di produzione possono sostituire la chimica aggiunta?

Con la degustazione al Castello di Poppiano ho avuto, almeno in parte, la risposta.

Ai primi di Maggio alcune aziende toscane hanno organizzato un panel di assaggio dei vini “Senza solfiti aggiunti”, prodotti nell’ambito del PIF “Vino: qualità verso il mercato” e del progetto “Innovazione Organizzativa filiera Vino”, finanziato dalla Regione Toscana e realizzato con l’Università di Pisa. Secondo un rigido protocollo e con metodi brevettati dall’Università stessa, i produttori hanno iniziato dal 2015 una fase di sperimentazione e adattamento del processo per collocare sul mercato un IGT Toscana Rosso senza aggiunta di solforosa, con la redazione di un distinto disciplinare. Aziende diverse, di dimensioni diverse, che – come ci tiene a precisare Stefano Cinelli Colombini – hanno partecipato al progetto in ottica di sperimentazione e non di competizione, anche al fine di concorrere a creare, perché no, una tipicità.

Tutti i vini degustati presentano colori vivacissimi, intensi, impenetrabili, ai limiti della tempera viola. La professoressa Zinnai dell’Università di Pisa spiega che ciò dipende dall’assenza di anidride solforosa. Essa infatti, se presente, genera un composto incolore che assorbe i toni più vivaci mentre qui, mancando la solforosa, non c’è attenuazione delle tonalità. Così come, non essendovi contatto con l’ossigeno, non c’è polimerizzazione dei tannini.

I produttori hanno inoltre precisato che le macerazioni devono necessariamente durare al massimo 8-12 giorni, la maturazione avviene, per tutti, in acciaio e per tutti i vini degustati non c’è solforazione nemmeno in fase di imbottigliamento, che avviene anch’esso in assenza di ossigeno e i tappi in sughero naturale sono trattati con l’innovativo metodo del CO2 super-critico, che non prevede uso di prodotti di sintesi.

Già al primo vino, la platea dei degustatori appare disorientata. Tutti col naso nel calice, a cercare prevalenza di frutto o fiore, come avverrebbe per un IGT Toscana Rosso, ma siamo sorpresi a scoprire che l’olfatto rileva per primi altri marcatori, quali le note vinose, le impronte balsamiche, le erbe aromatiche e solo dopo, in particolare al sorso, arrivano i frutti. Non si sente l’alcol.  

Senza Solfiti IGT Toscana Rosso 2021 Fattoria dei Barbi, Sangiovese 100%, 14%

La fermentazione è avvenuta in atmosfera priva di ossigeno in fermentini Ganimede a rimontaggio automatico mediante gas. Sono stati usati lieviti selezionati che non producono solfiti in fermentazione. Porpora intenso, profuma di pomodoro secco e salamoia, poi di uva americana. Ha un impatto gustativo notevole, come masticare un lampone. Il tannino non scalpita e il finale di bocca è lungo e sapido.

Erube IGT Toscana Rosso Casa di Monte 2021, Sangiovese 70%, Petit Verdot 30%, 14%

Rubino con riflessi violacei, libera sentori di ramerino e origano, rabarbaro e liquirizia. Il sorso è liscio e il volume inaspettatamente sottile. Tannini succosi accompagnano alla chiusura agrumata.

Erube IGT Toscana Rosso Casa di Monte 2020, Sangiovese 70%, Petit Verdot 30%, 14%

L’ulteriore anno di affinamento lascia intatto il colore, mentre aggiunge al corredo odoroso note vinose, che si aprono su ricordi di fungo champignon, ceralacca e ciliegia matura. Al palato è intenso ma chiude piuttosto rapidamente.

Lesto IGT Toscana Rosso Castello di Oliveto 2021, Sangiovese 100%, 13,5%

Macerazione di 7 giorni a temperatura di 24 – 26° C con rimontaggi giornalieri per favorire l’estrazione dei polifenoli. Fermenta in acciaio con lieviti selezionati. Sosta in cemento per almeno 2-3 mesi.

Al naso è subito balsamico, menta, mirto, eucalipto. Poi arrivano le note fruttate di prugna e mirtillo e floreali di viola e giaggiolo. In bocca è godibile, anche se i tannini sono un po’ ruvidi.

E’SSENZA IGT Toscana Rosso Conte Guicciardini 2019, 2020, 2021; Sangiovese 85%, Merlot 15%, 13-13,5%. Tra i vini senza chimica aggiunta questo, in tutte e tre le annate, è quello che maggiormente richiama i marcatori classici e conosciuti dell’IGT Toscana Rosso, sia al naso che al gusto. E’ anche quello che subisce la macerazione più lunga, di 14 giorni.

2021: Oltre alla prugna e alla mora, si riconoscono nitidamente impronte di cuoio, chicco del caffè, cioccolato, e alla fine anche una punta di cannella. Il sorso è fresco e saporito, con tannino ancora in via di integrazione.

2020: più floreale che fruttato; peonia, rosa, ciclamino. Ribes rosso e composta di fragole. Assaggio di notevole intensità, con tannino vellutato, che introduce a un finale persistente in cui si affaccia la lievissima nota erbacea.

Nudo IGT Toscana Rosso Fattoria San Michele a Torri 2020, 2021; Sangiovese in purezza, 14,5%

2021: Naso espressivo di fiori di lavanda, iris, melissa, chinotto. Al gusto è fresco e l’iniziale avvolgenza cede il passo a freschezza e sapidità, con tannini delicati. In chiusura si percepiscono ritorni fruttati su un curioso sfondo ferruginoso.

2020: Profumi insoliti di Tè al bergamotto, scorza d’arancia, macis. Buon equilibrio gustativo in cui l’alcol è bilanciato dalla raffinata trama tannica e dalla discreta acidità. 

IGT Toscana Rosso Giannozzi 2021

Rubino vivido, svela un olfatto vivace di lillà, cappero, fragola non troppo matura e ciliegia sotto spirito. L’impatto in bocca è divertentissimo, scattante, avverto quasi una nota piccante. La sferzante freschezza ben si concilia con i tannini decisi e con la componente glicerica.

Pertanto sì, la tecnologia innovativa che entra nei processi di produzione riesce a sostituire la chimica aggiunta, e i vini prodotti sono di qualità. Semmai l’interrogativo che rimane aperto è se questi vini potranno essere destinati all’invecchiamento. Infatti, nonostante la degustazione abbia avuto ad oggetto anche annate precedenti, non si è andati più indietro del 2019. Non resta che attendere e, nel frattempo, gustare vini giovani e molto, molto divertenti.

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