Pensavate che biologico e biodinamico fossero l’ultima frontiera del vivere etico e sano?
Siete indietro!
Non è più sufficiente non danneggiare la terra, evitando l’uso di pesticidi e concimi chimici (come con il biologico), o rispettare i tempi della natura (come con il biodinamico): c’è un tipo di agricoltura che rende la terra migliore, la fortifica, e impedisce che sorga la necessità di proteggerla da parassiti e agenti patogeni. Nessuna stregoneria, è scienza: si chiama agricoltura biosimbiotica.
Nella Valle del Bidente e nell’alta Val del Rabbi nasce “Romagna – Distretto Biosimbiotico”, primo distretto in Italia ad essere certificato biosimbiotico, che coinvolge 49 aziende agricole (produttori di vino ma anche allevatori di bestiame e animali da cortile e coltivatori di grano) e i Comuni forlivesi di Meldola, Civitella di Romagna, Galeata, Santa Sofia e Premilcuore.
La coltivazione simbiotica si fonda sulle micorrize, ovvero l’inoculazione di funghi, microbi e batteri che determinano la maggiore produzione fogliare e fruttifera delle piante, e migliorano la salubrità dei prodotti e le loro qualità organolettiche, con benefici per la salute dell’uomo. Non solo. L’agricoltura biosimbiotica – è questo il plus – ha effetti positivi sull’ambiente e sull’economia locale, perché nutre il suolo, annullando il ricorso ad antipatogeni e antiparassitari, e favorisce la rigenerazione del terreno, che in tal modo è in grado di reagire alle avversità da inquinamento e cambiamenti climatici – prima fra tutte, la siccità.
La prima filiera certificata biosimbiotica è stata quella del grano tenero destinato alla produzione di farine ad uso alimentare e farine ad uso zootecnico per i mangimi delle galline ovaiole per l’azienda Tedaldi – oggi confluita in Fileni – per la produzione delle uova, primo prodotto certificato da agricoltura biosimbiotica a livello nazionale. La seconda filiera certificata biosimbiotica è quella vitivinicola, con l’azienda Poderi dal Nespoli, dal 2009 entrata a far parte del gruppo Mondodelvino. E’ tra le prime aziende per volumi di produzione della DOC Romagna – 180 ettari di vigneto per 2 milioni di bottiglie l’anno, e coltiva numerose varietà, principalmente autoctone: Sangiovese, Albana, Pagadebit e Trebbiano, con alcune incursioni internazionali. La cantina è spettacolare per dimensioni, design e per l’altissima tecnologia applicata all’ecosostenibilità, sia nella struttura che nel protocollo dell’intero ciclo produttivo. Si percepisce ad occhio nudo la notevole entità di un investimento fatto bene, che si inserisce senza scosse in una vallata ancora integra e poco antropizzata. Poderi dal Nespoli oggi presenta per la prima volta Gualdo 2021, 13,5%, un sangiovese biosimbiotico Romagna DOC Predappio, prodotto da uve coltivate con agricoltura biosimbiotica. Rubino vivace, ha un profilo olfattivo decisamente di frutto, con note di visciola, mora di gelso e ribes rosso. In bocca la freschezza è esuberante, ai lati della lingua sento le piccole scintille agrumate – come mordere un kumquat. Tannino energico e saporito, media persistenza con spunti di cioccolatino alla ciliegia e foglia di alloro.
Interessante anche il So Free – Senza Solfiti Aggiunti Sangiovese biologico Romagna DOC 13%, che come tutti i senza solfiti ha un colore viola impenetrabile e un bouquet di iris e frutta nera, con un finale inebriante di liquirizia e rosmarino.
Durante la cena a Borgo dei Guidi, tutta a base di prodotti da agricoltura e da allevamento biosimbiotici, conosciamo Lisa Paganelli, ideatrice del progetto e attuale presidente del Consorzio del biosimbiotico, ex veterinaria oggi allevatrice di mucche, la cui intuizione geniale è stata quella di far entrare nel processo le istituzioni deputate al governo del territorio. Non si è limitata a coinvolgere allevatori, produttori e agricoltori, ma ha convinto le amministrazioni locali a fare da connettivo, ad essere l’anello di congiunzione tra intenti e risultato, attraverso la sottoscrizione da parte di 5 Comuni di un Codice Etico che non è solo promozione economica, territoriale e sociale, bensì un calendario di azioni determinate. Oggi nelle mense scolastiche di quei 5 comuni si mangia biosimbiotico.
Lei racconta tutto in modo pacato, sereno, eppure nelle retrovie dei suoi occhi percepisco fuoco e fiamme. Provo a stanarla, anche per creare un diversivo, e butto lì un “Quante bozze del Codice Etico sono circolate prima che tutti e 5 i Comuni lo sottoscrivessero?”. Mi fissa in silenzio, temo che voglia infilzarmi con la forchetta che impugna, ma poi ride di gusto. Ci confessa che si è scontrata con rigidità e pregiudizi e che ha imprecato – furente – quando la sottoscrizione del Codice Etico sembrava sfumare.
Con il Benvenuto dello Chef e Uovo, radicchio e spuma di patate affumicata è abbinato Novebolle Metodo Classico Millesimato Blanc de Blancs Brute Nature, 100% Trebbiano, 12%, 24 mesi sui lieviti e dégorgement à la glace, al quale tuttavia manca ancora qualcosa, non è ben rifinito: è come un vestito senza l’orlo.
Accompagna il Tortello al cavolo nero e zucca, fossa e pino mugo il Dogheria Pinot Bianco Rubicone IGT 2021, 12,5%: naso delicato di convolvolo (non solo il fiore, anche la foglia), susina gialla e finocchietto selvatico. Chiusura sapida con un divertente ritorno di croccantezza di mela Pink Lady.
In abbinamento ai Maccheroni al ragù bianco di coppa il Sangiovese Superiore Prugneto DOC 2020, 13,5%, da considerarsi il vino iconico dell’azienda: alla freschezza e alla leggera spigolatura del Sangiovese di Romagna si affiancano delicate note terziarie di cannella e un ritorno vagamente mentolato di cardamomo. Il sorso elegante rivela una trama tannica senza deposito.
Alla cena è altresì presente Soledad Adriasola, la frizzantissima enologa, che racconta di aver convinto Marco Martini, presidente di Poderi dal Nespoli, a tentare due “esperimenti” aziendali di Pinot Nero e Riesling. A queste parole drizzo le antenne tipo lumaca in esplorazione e mi metto in ascolto con orecchio bionico, pare che l’indomani li assaggeremo. Intanto, con le Costine, porri, carote e miele è servito il biosimbiotico Gualdoe in effetti la struttura ben amalgamata di tannino ed alcol consente un abbinamento armonico con la carne. Sul tavolo gira anche il Romagna Albana secco Campodora 2021, 12,5%, splendido nei sentori di fiore del tiglio ed erbe aromatiche fresche. Al gusto è sfizioso, perché le note di frutta gialla si accompagnano a una freschezza di anans e cedro e nel finale mediamente sapido emerge una punta di zafferano. La Crema inglese al Bradamante e scroccadenti è abbinata a Bradamante da uve stramature di Albana, Chardonnay e Sauvignon Blanc, 12,5%. Buona concentrazione di fichi e uvetta, caramello e pistillo del giglio, con un sorso ricco di mandorla tostata e albicocca secca. Forse la chiusura permane toppo sulle note dolci.
L’indomani, in una trattoria romagnola che più romagnola non si può, Soledad ci fa degustare il Pinot Nero su tagliatelle ai funghi e il riesling su uovo al tartufo. L’enologa, alla domanda di descrivere il Pinot Nero di Poderi dal Nespoli, risponde che «E’ un Pinot Nero, ma romagnolo». Le racconto cosa sento e ho sentito altre volte e mi fa piacere averne conferma anche stavolta: nel Pinot Nero, il tannino è chicco di melograno, sfiora la bocca e scivola via, senza rotolare. In questo Pinot Nero il tannino è sempre levigatissimo e sferico, ma non è chicco di melograno, bensì nocciolo di ciliegia. Riesling di ottima fattura: sprigiona sentori floreali di gelsomino e fruttati di lime e mango. Dopo il sorso, elegante e agrumato, il ritorno aromatico è di fieno, curry e ciottolo di fiume. Piacevole chiusura sapida di buona persistenza.
Per un disguido sulla comanda, al presidente Marco Martini vengono serviti due piatti di uovo al tartufo e mi propone di condividere quello in più. Accetto volentieri e, degustando il riesling, mangio tutto il tartufo in superficie, lasciando intatto l’uovo, che gli restituisco. Al suo sguardo interrogativo ma divertito rispondo «Non mangio più di un uovo a pasto».