La tenuta di Monaciano non è solo un luogo di straordinario splendore, ma è molto, molto di più.
Lì si ammira la bellezza che è sostanza, quella che è fatta anche di cultura, di storia, di passione e competenza delle persone che la animano. Il titolare Lamberto Piperno Corcos, uomo di cultura sconfinata, ci guida ad ammirare le meraviglie della villa, del parco, della cantina, e nel mentre ci racconta aneddoti e ricordi di quei luoghi di famiglia. Il nonno acquistò la tenuta prima della guerra, quando lo raccontò alla moglie lei gli tirò uno schiaffo: che scelleratezza fare un acquisto del genere in un periodo di così grande difficoltà e depressione! Ma dopo la guerra, quando vi fecero ritorno dopo essere sfuggiti alle persecuzioni, Monaciano fu il loro nuovo inizio. L’interno della villa è opulenza di marmi, stucchi, specchi e broccati. Nella sala principale le finestre sono spalancate, le tende volano, al maestoso pianoforte a coda non è seduto nessuno eppure io sento suonare. Lamberto ci racconta dei lunghi pomeriggi d’infanzia passati con i cugini a giocare in quelle stanze, e sento voci infantili, vedo bambini in calzoni corti che fanno scorribande tra i mobili e gli arazzi.
Passeggiando nel parco, ad ogni angolo c’è un nuovo incanto: la piscina affacciata sui vigneti, la serra con oltre 200 specie di piante, la limonaia ammantata di glicine. Nel 2004, volendo dare un senso a un ampio spazio pressocché incolto, non lo ha spianato e riempito di lettini e poltrone a dondolo…. ci ha costruito un anfiteatro erboso, semplice, geniale, per ospitare concerti suggestivi.
Le cantine sono maestose e vi si respira un senso di calma assoluta, di lavoro metodico.
Ariel, figlio di Lamberto, ci introduce alla degustazione e ci rappresenta che è tutto talmente nuovo da essere ancora un esperimento. Il bianco ad esempio, prodotto per la prima volta quest’anno, non è ancora pronto… ci richiamerà a luglio per degustarlo. Deliziosa l’etichetta di alcune bottiglie, con quel gomitolo che ricorda il filo di Arianna; Ariel ci confida che a Monaciano viene custodito il libro degli ospiti dal 1956 e che lì è stato rinvenuto il disegno del gomitolo, accompagnato da un pensiero lasciato da un ospite della tenuta… “Gomitolo da usarsi per ritrovarsi, se ci si perde in questo meraviglioso luogo che ha il nome di Monaciano, ma forse sarebbe meglio non usare il gomitolo e, sperduti, godere di essersi persi”.
Primagosto rosato 2019 14%. Macerazione
E’ un rosato con personalità, di inaspettata persistenza, in cui il pompelmo rosa e la buccia di mandarino la fanno da padroni. All’assaggio sprigiona una freschezza vivace che si espande orizzontalmente e i ricordi agrumati divengono saporiti nel finale di bocca. La componente glicerica, insolitamente abbondante, non si svela: infatti, se non dopo ripetuti assaggi, si avverte una nota pseudocalorica che non sovrasta le altre sensazioni. In queste serate torride, bevuto ghiacciato su prosciutto e melone è una bomba.
Dueottobre Toscana Rosso IGT 2016 14,5%. Quasi esclusivamente Merlot
Rubino profondo, limpido, con olfatto esplosivo di ciliegia scura, creme de cassis, mora di rovo. Pot pourri di fiori scuri, peperone crusco e una nota di sottobosco. Ma lo annuso di nuovo e mi vengono alla memoria i pomeriggi passati con i miei figli a colorare… come mai…? Poi mi concentro e capisco: sento la tempera, lo smalto. E’ un vino robusto, caldo e tannico, il sorso si sostanzia nell’elevata componente alcolica e i tannini sono ancora indisciplinati, non del tutto integrati, ma prevale la piacevole freschezza della ciliegia matura.
Finale di media persistenza imperniata sulle note fruttate.
Guardando le partite degli Europei, specialmente se gioca l’Italia, gustàtelo sul controfiletto di manzo alla griglia.
Chianti Classico DOCG 2018 13,5 % fermentazione in cemento e 6 mesi di tonneau
Non è mai troppo caldo per evitare un buon Chianti Classico. In città è caldo, al mare non si beve il rosso, ma se andate a dare aria alle case di campagna o di montagna e cucinate un buon maltagliato al ragù di carne, questa è la bottiglia da aprire. Ci sono tutti gli elementi tipici del Chianti Classico: il fruttato di amarena, il floreale di giaggiolo, lo speziato di cannella, cui si aggiungono ruggine, funghi porcini secchi, cipresso, petalo di rosa appassito. Il sorso denota un equilibrio tra tannini fruttati ben integrati con la controparte glicerica. Ma ciò che lo rende davvero godibile è la freschezza che ravviva il gusto e dona ottima bevibilità. Appena sapido nel finale con ricordi di nocciolo di ciliegia.
Chianti Classico Riserva DOCG 2009 14%, Sangiovese 100%, 36 mesi in tonneau, imbottigliato nel 2015
Mi affascina il color granato vivace con riflessi aranciati e la limpidezza che incorpora una grande luminosità.
Al naso avverto un’intensità post fermentativa, tutta di terziari, anche fruttati. Ciliegia cotta, mora, prugna in confettura. Nota fumé che porta ricordi di pellame, di foglie secche, di sottobosco umido, con una speziatura di chiodi di garofano e pepe nero. Tostato di cuoio, cacao, torrefazione. Tutti profumi nello spazio dell’evoluzione. Il sorso è meno complesso dell’olfatto, anche se denota tuttora una freschezza invidiabile a distanza di 12 anni dalla vendemmia. La trama tannica è sottile e ampiamente integrata. Il finale chiude in modo un po’ repentino, anche se la ciliegia resiste a lungo nell’aroma di bocca. Qui ci vuole il coniglio ripieno, con tutta la sua salvia e il fondo di cottura che ti ricorda di essere morigerato, nel mangiare e nel bere.